lunedì 29 luglio 2013

RESOCONTO DELLA RIUNIONE DEL 20 LUGLIO


Resoconto della riunione del 20 luglio

Erano presenti compagni provenienti da otto città a cui va aggiunto un compagno di Taranto che, non potendo trattenersi a Napoli per la riunione, si è incontrato Il giorno precedente con alcuni dei partecipanti esprimendo la sua adesione e il proprio punto di vista. Altri compagni di altre città, non potendo per motivi diversi essere presenti, hanno inviato contributi scritti.

I punti essenziali della riunione erano stati anticipati per iscritto, per cui l’introduzione alla discussione si è limitata a sottolineare alcuni aspetti dell’iniziativa e a poche raccomandazioni.

Il dibattito è stato franco e senza elementi di diversità se non quello tra chi sottolineava l’esigenza di concretezza e di operatività e avrebbe preferito centrare il confronto sugli aspetti programmatici e organizzativi, e chi pensava che fosse necessario inquadrare la discussione sul “che fare?” – e, quindi sul programma e sulle soluzioni organizzative del lavoro – all’interno di un chiarimento maggiormente approfondito sul contesto contemporaneo e sui compiti del costituendo Centro.

Le diversità emerse – mai antagoniste e scaturenti da approcci ed esperienze differenti assolutamente fisiologici in una realtà così complessa e frammentata – sono state assunte giustamente e costruttivamente come momenti di confronto all’interno dei percorsi programmatici di ricerca da compiere.

Questo andamento della riunione e lo spirito costruttivo che l’hanno animata hanno consigliato alla fine di redigere, piuttosto che un resoconto dettagliato del dibattito, una sintesi politica che esprimesse la sostanziale unità di intenti e inquadrasse proposte ed elementi di programma all’interno un’analisi e di un progetto condivisi.

Questa sintesi, poiché il Centro non è ancora strutturato, può essere non soltanto un contributo informativo ai tanti compagni che non sono potuti essere presenti all’incontro, ma anche una base di discussione e di partecipazione nelle prossime settimane, in preparazione dei futuri impegni di lavoro. I contenuti dei contributi preparatori della riunione, poiché hanno registrato un sostanziale consenso, si intendono concordemente richiamati e riproposti.

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La scelta di ripartire dalla figura e dall’opera del compagno Stalin in occasione del 60° della sua scomparsa non è stata casuale ed ha il carattere di una sfida alla demonizzazione che è stata fatta del comunismo a partire proprio dall’esperienza di transizione verso il socialismo realizzata nell’Unione Sovietica. In tal senso il XX° Congresso del PCUS del 1956 costituisce lo spartiacque nella storia non soltanto del movimento operaio e comunista, ma dell’intero Novecento. Piuttosto che accettare la sfida che la crescita delle forze produttive e l’acutizzarsi dello scontro di classe a livello planetario poneva, Kruscev preferì la più semplice strada dell’oppotunismo. Per attuare questo scellerato disegno, però, bisognava sgombrare il terreno dall’esperienza straordinaria realizzata e dalla fiducia del proletariato sovietico e internazionale in chi quell’esperienza aveva incarnato e realizzato. Il nemico di classe – a cui fino ad allora l’esperienza gloriosa dei Soviet e la figura di Stalin avevano imposto timore e rispetto –  fece irruzione immediatamente nel varco aperto dal “rapporto segreto” e da quel momento scatenò un attacco ininterrotto e forsennato all’esperienza e all’idea stessa di comunismo. I nemici – vecchi e nuovi, con alla testa i trotzkisti – interni al movimento comunista si resero complici di questo attacco demolendo, pezzo per pezzo, nel tempo, il prestigio e la fiducia di massa nel comunismo rivoluzionario praticando percorsi teorici e pratici via via sempre più connotati da ogni forma di opportunismo. Il contrasto a questa deriva incontrava enormi difficoltà teoriche, politiche e organizzative. Le conseguenze portarono a profonde contraddizioni nel movimento comunista internazionale e nazionale, a divisioni traumatiche, spesso all’isolamento di avanguardie in posizioni dogmatiche e minoritarie che lasciavano immensi spazi al ritorno massiccio di teorizzazioni e pratiche spontaneiste, operaiste o anarchiste, sempre volontariste. L’inarrestabile decadimento e il definitivo allontanamento dai contenuti e dal metodo del socialismo scientifico, insieme con l’implacabile accanimento del nemico di classe, in presenza di contraddizioni obbiettive sempre più acute, portarono perfino allo scioglimento di molti partiti comunisti. Tra essi, anche del PCUS e del PCI.

In Italia lo straordinario prestigio accumulato – dal partito e dal sindacato – consentì ai liquidatori di mantenere una sostanziale e vasta egemonia sulla classe lavoratrice. Molti, tuttavia, furono i comunisti che decisero di opporsi a questa scelta e di ricostruire il partito, anche riunendosi, pur provenendo da esperienze diverse e, talvolta, conflittuali. Fu quella l’unica volta, forse, che i comunisti interruppero la tendenza alla separazione e alla diaspora. Ma il tentativo – connotato da dirigenti paludati di immeritato carisma – fu quello di “rifondare” il partito disciolto, di riprodurre un organismo già malato: il distacco, ormai incolmabile, dalla teoria, spesso l’insofferenza verso di essa, aprirono la strada ad ogni sorta di opportunismo, a forme grottesche di frazionismo e, infine, allo scissionismo e alla diaspora.

La crisi del comunismo, iniziata alla metà del secolo scorso, è stata speculare a quella del capitalismo, interna al momento storico che sta rapidamente andando al punto di non ritorno del modo di produzione capitalistico, ormai giunto al limite delle sue potenzialità di sviluppo. Nella prima metà del ‘900 il movimento comunista – correttamente orientato e diretto dal pensiero critico marxista – aveva saputo dare risposte positive alla crisi già in atto del capitale, incalzandolo e proponendo concretamente una prospettiva e un’alternativa di transizione. I nodi politici accumulatisi, le difficoltà incipienti del capitalismo ancora basato sul gigantismo industriale, sul fordismo e sul taylorismo, sulla rigidità di mezzi di produzione, la necessità di immettere nella realtà produttiva e sociale le nuove straordinarie acquisizioni del sapere umano giunte a maturazione e in via di ulteriore straordinaria crescita, ponevano problemi che solo il rigore teorico del socialismo scientifico avrebbe potuto affrontare con successo. La scelta krusceviana del ’56 segnò la rinuncia ad affrontare il compito che la storia poneva al movimento comunista, così come il progressivo allontanamento dal proprio patrimonio culturale inaridiva la sua capacità d’analisi e di proposizione di alternativa, costringendolo alla difensiva e ad accettare – perfino a condividere – orizzonti e soluzioni che il nemico di classe imponeva non più solo con la forza, ma con la corruzione ideologica dei media e con l’opportunismo nella “politica”.

In questa terribile deriva che seminava pessimismo e sfiducia perfino tra i militanti, si consumava il distacco tra la classe lavoratrice e chi – molto spesso in modo del tutto arbitrario e falso – ancora continuava a dirsi comunista. Tuttavia, pur in tanta desolazione, moltissimi compagni ostinatamente continuavano a credere, a proporre e a lottare per un orizzonte comunista. In questi anni alcuni militanti hanno proposto forme organizzate volte ad una ripresa politica; coraggiosi intellettuali non hanno rinunciato ad elaborare interessanti analisi di questa o quella contraddizione del nostro tempo; ovunque le condizioni materiali diventavano insopportabili – e  in parallelo con la crisi della rappresentanza istituzionale e politica – gruppi e masse di lavoratori, di giovani, di oppressi diventavano essi stessi promotori e protagonisti della lotta, pur scontando, naturalmente, tutti i limiti e gli errori dello spontaneismo e di un orientamento soltanto genericamente anticapitalista e ribelle. Il sostanziale isolamento, determinato dalla parcellizzazione, dall’autoreferenzialità, dalla persistente carenza di strutturazione teorica, ha vanificato e rischia di continuare a dissipare questi sforzi e queste potenzialità.

Il compito che la storia consegna a chi vuole oggi dare il proprio contributo per invertire questa deriva non può essere quello di replicare all’infinito i tentativi fin qui messi in campo, ma quello di intervenire sul nodo decisivo di questa realtà devastata e bloccata. Si tratta, non di sovrapporsi e contrapporsi saccentemente a nessuno, ma, all’opposto, di affiancare le esperienze in campo e dare il proprio contributo perché la forza del socialismo scientifico torni ad orientarle con la sua capacità di analisi e di proposizione. È questa l’unica strada perché, tutti e ciascuno, attraverso la lotta ideologica attiva, il confronto e – in prospettiva – una comune pratica di lotta possano giungere ad una sintesi unitaria.

Il costituendo “Centro comunista di documentazione, ricerca e formazione” rappresenta la scelta militante di chi vuole accettare questa sfida.

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Sul piano progettuale, se è prematuro parlare fin d’ora di un organico programma di lavoro è, tuttavia, possibile e necessario discutere e definire i possibili percorsi di ricerca e di lavoro sulla base delle linee generali e delle proposte pervenute. Naturalmente dovunque sia possibile è opportuno che si passi al più presto dalla fase meramente progettuale ad una operativa, seppure parziale, purché fondata su reali potenzialità e disponibilità. Queste esperienze potranno essere di stimolo, ma anche laboratori per verificare e impostare il lavoro da compiere centralmente e perifericamente.
Per rimanere con i piedi ben saldi nella realtà del possibile e non ripetere la deriva di proposte analoghe del passato, è stato raccomandato di tenere in debito conto che le differenze esistenti nel movimento comunista contemporaneo – e, dunque, anche nel Centro e nelle realtà con cui si cercherà di collaborare – richiedono tempi necessari e modalità che sfuggano per un verso all’eclettismo e per l’altro al dogmatismo, nel rigore, senza indulgenze opportuniste né chiusure schematiche. Il programma di lavoro dovrà, quindi, essere molto realistico e basato sulle risorse concretamente disponibili e per questo, probabilmente, articolato per fasi. Propedeutico è realizzare una mappatura di queste risorse (umane, professionali, tecniche, strumentali, etc.) presenti nel Centro o, all’esterno, in realtà con cui si cercherà di interloquire e collaborare. Su tali basi deve essere stilato un “canovaccio” delle diverse ipotesi di lavoro proposte da sottoporre al dibattito.
Poiché le differenze esistenti sono riconducibili a nodi della nostra storia o della più generale realtà contemporanea non affrontati e sciolti concordemente, occorrerà avere la piena disponibilità ad affrontare queste questioni – senza “sconti”, ma con spirito unitario e collaborativo – nella consapevolezza che questi percorsi, anche quando dovessero confermare punti di vista diversi, sono fondamentali per raggiungere livelli più elevati di collaborazione e di unità perché sempre riconducibili a questioni e a esigenze teoriche e politiche più generali e comuni.
In tal senso la raccomandazione di alcuni compagni a non considerare la morte di Stalin e il XX° Congresso del PCUS come conclusivi dell’esperienza positiva novecentesca del marxismo-leninismo è significativa perché inquadra esattamente una delle questioni da affrontare, in uno con l’altra indicazione venuta da quasi tutti i compagni di approfondire tutte le diverse esperienze di transizione, quelle interrotte e quelle che proseguono il proprio cammino, come quelle che debbono ancora essere avviate e ricercano una strada praticabile nelle condizioni di quest’epoca storica. Perché, in realtà, il compito del Centro è di contribuire a realizzare la critica – vale dire il superamento concreto in senso socialista – del modo di produzione capitalistico.
È stato sottolineato con forza che la straordinaria accelerazione della conoscenza scientifica e della sua applicazione al processo di produzione e di scambio della ricchezza – con la inevitabile “tracimazione” in tutti gli ambiti della società – ha portato a compimento il processo di sussunzione del sapere da parte del capitale realizzandone, ad un tempo, la socializzazione funzionale e la espropriazione sostanziale e formale. Questo fenomeno e le conseguenze che lo accompagnano aprono un’altra contraddizione insanabile nella società dominata dal capitale e impongono ai comunisti di affrontarla nelle proprie analisi e nelle proprie strategie. Tanto più che, con la scienza, anche la formazione è stata sussunta dal capitale nel suo processo di accumulazione ed appropriazione della ricchezza. E questo dà centralità alle problematiche della didattica nella scuola e dell’università ben oltre l’orizzonte pubblico-privato o il generico monito sulla sua importanza strategica in cui sono state circoscritte: su di esse non si gioca il destino – produttivo soltanto, politicamente neutro – della società, ma il suo sviluppo solidale e socialista. Ed è un ambito che vede circa 11.000.000 di protagonisti tra giovani e docenti – circa un sesto della popolazione italiana – giustamente inquieti e irrequieti per la loro condizione e per il loro futuro.
A partire da questo orientamento strategico i compagni hanno evidenziato alcuni percorsi di lavoro più specifici e fatto alcune riflessioni o raccomandazioni.
In primo luogo è stato suggerito di prestare estrema attenzione all’istituto dell’apprendistato che il capitale ha riscoperto demagogicamente come ricongiunzione della formazione con la produzione, e che conclude il percorso di totale precarizzazione della forza-lavoro. Si tratta della forma drammatica che ha assunto in questa fase di decadenza terminale del modo di produzione capitalistico la contraddizione ancora centrale tra capitale e lavoro. È indispensabile che al contrasto, messo in campo nonostante la complicità delle forze politiche socialdemocratiche e dei sindacati concertativi, si affianchi un lavoro di approfondimento, di comprensione, di proposizione  che elevi il livello dello scontro, coordini le forze disponibili e proietti questa lotta verso orizzonti di chiara connotazione politica. E questo apre altri percorsi necessari di approfondimento che sarà necessario intraprendere appena possibile con le risorse disponibili nel mondo del lavoro salariato: una riflessione sulla progressiva decadenza del sindacalismo di classe verso quello concertativo e le caratteristiche di contenuto e di forma che la lotta economica dei lavoratori debbono assumere nell’epoca del superamento del fordismo, della flessibilità, del decentramento, della mondializzazione. Da compagni già impegnati in realtà lavorative di massa molto significative sono venuti l’auspicio e la disponibilità a finalizzare queste presenze ai percorsi di approfondimento dell’intreccio di gravi contraddizioni all’ordine del giorno (occupazione, ambiente, salute, etc.).
Naturalmente tutte le proposte fatte nella riunione si aggiungono a quelle proposte nei contributi pervenuti e già riportati nelle anticipazioni preparatorie dell’incontro del 20 luglio a cui direttamente rimandiamo. Tutti insieme sono al vaglio dei compagni e contribuiscono a formare quel  “canovaccio”  di possibili ambiti di lavoro che bisognerà discutere e decidere insieme. Sarà necessario – nelle forme e con gli strumenti opportuni e possibili – dare tempestiva comunicazione di ulteriori proposte, ma anche generalizzare critiche e osservazioni in modo da rendere effettivamente partecipate e collettive le decisioni che verranno assunte.
Per concludere questa ricognizione sull’impostazione e sui contenuti generali del lavoro da realizzare è necessario aggiungere alcune raccomandazioni avanzate da più parti.
Compagni impegnati da molti anni nella ricerca scientifica (fisica, astrofisica, biologia, etc.) o in ambito filosofico e politico hanno raccomandato di prestare finalmente la necessaria attenzione alle scienze naturali sia per la centralità che esse hanno – e ancora di più hanno assunto in questo tempo – nella crescita del sapere sociale e delle contraddizioni economiche, politiche e sociali, sia per l’importanza per la piena padronanza del metodo del materialismo dialettico come chiave di lettura anche della realtà storica e sociale.
Altri, invece, hanno focalizzato questioni di carattere più squisitamente politico e storico.
Tra le prime un modo nuovo di intendere, praticare e costruire l’internazionalismo nelle mutate condizioni della storia e delle prospettive.  O, ancora, la crisi definitiva del sistema rappresentativo borghese di democrazia delegata e i percorsi di involuzione autocratica in atto per assicurare il dominio sulle classi subalterne e redistribuire e garantire i privilegi nella classe dominante. In quest’ambito la questione della “riforma” della Costituzione – che, pur restando nell’ambito della democrazia borghese, andrebbe tatticamente difesa e attuata – avrebbe bisogno di ben altra attenzione e mobilitazione di quella messa in campo o prevista dalle anime belle della socialdemocrazia e del liberalismo.
Questo introduce anche le ultime proposte di riflessione critica sulla nostra storia. A partire dalla natura, dalla genesi e dai contenuti della Costituzione una riflessione a 360 gradi sull’esperienza del proletariato e dei comunisti italiani, dalla lotta al fascismo e dalla Resistenza (che, come suggeriscono i compagni di Genova ha anche una enorme importanza nella contemporaneità) alle scelte operate nel dopoguerra – con le “vie nazionali” al socialismo, la “democrazia progressiva”, etc. – fino alla deriva degli anni ’60 e alla “democrazia compromissoria e concertativa” degli ultimi decenni.
In merito al “canovaccio” di un possibile programma di lavoro va aggiunto soltanto che dai giovani compagni presenti alla riunione è venuta la pressante richiesta di percorsi di ricerca e di lavoro concreti, legati alle contraddizioni reali che le nuove generazioni vivono drammaticamente sulla propria pelle e che esse hanno l’esigenza di comprendere, rispetto alle quali ricercano prospettive di lotta e di cambiamento.
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Come c’era da aspettarsi alla formazione, agli strumenti di lavoro e alle forme organizzative è stato dato uno spazio per il momento minore, ma non una diversa attenzione.
Ancora dai giovani è venuto l’accorata domanda di una formazione che li metta in grado di conoscere scientificamente la realtà che essi intendono trasformare come protagonisti attivi. Essi chiedono non soltanto che siano rimessi in campo i valori, le categorie, gli orizzonti e i metodi del pensiero critico marxista, ma che siano individuati e praticati percorsi formativi che colmino i vuoti lasciati dalle istituzioni scolastiche e universitarie e che contrastino la desertificazione creata dal “senso comune” e dall’ideologia dominante. Essi hanno anche rimarcato i limiti dell’autoformazione in cui si rifugiano sempre più spesso tantissimi giovani impegnati nei “movimenti” e che non trovano disponibili “offerte formative” strutturate.
È stata sottolineata l’importanza degli strumenti di lavoro, sia per incardinare e sviluppare scientificamente il lavoro da compiere, sia per articolare correttamente e in modo effettivamente collettivo il confronto e la collaborazione.
Sul primo punto il pieno recupero del metodo del socialismo scientifico impone la necessità di disporre di materiale documentario e bibliografico su cui appoggiare rigorosamente il lavoro di ricerca e di analisi. Di qui l’importanza di poter disporre di archivi (anche audiovisivi), di banche dati, di biblioteche, o anche di conoscerne l’esistenza e di potervi facilmente accedere. Per il momento possiamo contare soltanto sui fondi esistenti presso il Centro Culturale “La Città del Sole” di Napoli, ma già son venute proposte e si sono aperte prospettive per l’acquisizione di importanti fondi documentari e per poter accedere a banche dati remote. Sarà preciso compito di chi temporaneamente coordina il lavoro di curare questo aspetto. Tutti i compagni sono impegnati a suggerire e a collaborare attivamente. Naturalmente le biblioteche – in forma “cartacea” o digitale – sono irrinunciabili per qualsiasi percorso di formazione.
Sul secondo punto, in attesa di poter disporre di un sito web che soddisfi tutte le esigenze del Centro, è stato allestito un “blog” su cui abbiamo già riportato tutti i passaggi preparatori e i contributi pervenuti per la riunione del 20 luglio a Napoli, ed anche questo stesso resoconto. Faremo altrettanto per tutti gli arricchimenti, le critiche e le proposte che i compagni faranno pervenire, sforzandoci di mettere nella disponibilità di tutti gli elementi necessari al dibattito e all’avvio concreto del lavoro. Il suo indirizzo è: http://ccdrf.blogspot.it/. Stiamo anche predisponendo una “mailing list” per una più rapida, semplice e soddisfacente circolazione delle idee e del confronto. I compagni sono pregati di iscriversi o di far pervenire indirizzi che sarà nostra cura inserire per allargare l’area di conoscenza, sostegno e partecipazione al lavoro del Centro.
Sempre in relazione agli strumenti necessari, la discussione non ha avuto modo di soffermarsi in modo particolare sullo strumento editoriale, ma ne è stata da più compagni sottolineata l’importanza e raccomandato di dedicarvi la necessaria attenzione. Uno dei compagni ha fatto anche la proposta di dar vita in prospettiva ad un periodico.
Sugli aspetti organizzativi è stato raccomandato – in attesa che la prossima riunione individui nel “canovaccio” di proposte più precisi percorsi di lavoro – che ovunque sia possibile si costituiscano nuclei locali di lavoro specifico, capaci di far vivere, valorizzare e coordinare le potenzialità esistenti. Saranno esperienze preziose che potranno essere di stimolo e di esempio in altri territori e anche centralmente. L’organismo di direzione che il prossimo incontro dovrà costituire potrà coordinare queste esperienze periferiche e creare gruppi di lavoro tematici centrali e con terminali locali.
La riunione si è conclusa con l’invito a tutti i compagni che intendono partecipare a questa esperienza di far conoscere la propria disponibilità a partecipare a un consiglio di gestione nazionale che si riunirà il prossimo novembre.
Le attività preparatorie sono state affidate per motivi logistici ad un gruppo di compagni di Napoli, Salerno e Roma e aperto, naturalmente, a tutti quelli che volessero parteciparvi. Questi compagni lavoreranno il più possibile insieme e avranno un primo incontro a settembre.
28 luglio 2013
Sergio Manes

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