mercoledì 4 settembre 2013

La riunione del 20 luglio - prospettive

Di Enzo de Robertis 19/08/2013

Dalla riunione tenutasi a Napoli il 20 luglio u.s., per la formazione di un Centro Culturale, sono emersi alcuni temi che mi offrono lo spunto per qualche puntualizzazione ed approfondimento.

Caratterizzazione comunista del Centro

Il Centro che si intende costruire, dopo l’incontro di Napoli del 20/7, ha una  dichiarata connotazione ”comunista”.
Quella che a qualcuno può apparire come una scelta “retrò”, nasce, invece, dalla consapevolezza dei partecipanti che il comunismo non è superato (o sepolto) dallo sviluppo degli avvenimenti degli ultimi venticinque anni, ma, piuttosto, esprime la sua attualità proprio in relazione alla crisi economica che il capitalismo sta vivendo in tutto il mondo.
Un sistema economico, quello capitalistico, che dopo la simbolica caduta del muro di Berlino si candidava a rappresentare (caduta per qualcuno “l’utopia”, per qualche altro “la barbarie”), la migliore soluzione economico-sociale ai problemi dell’umanità, mostra, invece, la potenza distruttiva della contraddizione fondamentale connaturata alla sua essenza: la contrapposizione fra il carattere sempre più sociale della produzione (la globalizzazione dei mercati) e la proprietà privata dei mezzi di produzione (primo fra tutti il denaro).
Così, di fronte alla chiusura di fabbriche ed alla conseguente perdita del posto di lavoro, di fronte all’impoverimento crescente di milioni di lavoratori e delle loro famiglie, non deve esserci alternativa ad un sistema economico, quello esistente, basato sul profitto, perché l’alternativa elaborata e praticata dall’umanità tra il XIX ed il XX secolo è stata frettolosamente relegata in soffitta, quando non etichettata come “follia collettiva”.
Contrastare questo “oblio”, voluto ed interessato, è una  delle ragioni per cui nasce, a mio avviso, il Centro.

Attività di ricerca e documentazione

Ma difendere e propagandare il comunismo non può significare “rifondarlo dall’anno zero”, come si è fatto nel ’91, perché questa operazione, oltre che essere complementare all’”oblio” di cui sopra, sarebbe per di più antistorica, in quanto cancellerebbe con un colpo di spugna, senza alcun esame critico, un’elaborazione scientifica ed una pratica ricca di successi e di vittorie di natura epocale; altrettanto non può realizzarsi un’efficace difesa, senza un approfondimento delle ragioni di una sconfitta che nel 1989, con la caduta del muro di Berlino, è stata ad arte rappresentata e propagandata in tutto il mondo come “la fine di un’epoca” ed “il fallimento di un’utopia”.
Si impone, pertanto, ai comunisti mettere in atto un’attività collettiva di ricerca e di confronto, la quale, su alcuni temi che hanno un’importanza che travalica i confini nazionali o di area geografica e supera la contingenza temporale del presente, inevitabilmente rappresenta la base per un “nuovo internazionalismo proletario”; mentre, su altri temi, più legati alla storia dei comunisti di un determinato Paese, rappresenta la premessa per la ricostruzione di un autentico Partito Comunista.
Ferma restando l’autonomia più completa per quanto riguarda i temi e l’impostazione di ogni ricerca individuale, appare indispensabile, a mio parere, la costruzione di un “circuito” collettivo in cui detta ricerca possa entrare per confrontarsi fuori dall’ambito di un territorio o di una cerchia ristretti, per produrre, così, i suoi effetti migliori.
Unitamente ad una attività di ricerca si impone l’intensificazione ed il coordinamento di un’attività di documentazione, che della prima rappresenta la premessa ed  il corollario inevitabili. Sappiamo tutti, infatti, che menzogna ed oblio si servono della mancanza di documenti per potersi affermare.
Oggi è sempre più difficile reperire i testi dei classici del marxismo e del leninismo, per non parlare dei documenti attinenti la storia del movimento comunista. Per un giovane che volesse farsi un’idea propria del marxismo-leninismo o del comunismo, un’idea non omologata a quella della classe dominante, mancano le basi documentali più elementari.
Le possibilità offerte dalla tecnologia del digitale e della rete telematica consentono oggi di superare agevolmente le questioni economiche che in passato costituivano, il più delle volte, l’ostacolo insormontabile per un’attività editoriale.

Attività di formazione

La mia generazione, nata negli anni ’50, e quella che l’ha preceduta hanno avuto la grande fortuna di vivere in un’epoca in cui esisteva ancora un campo socialista, che si contrapponeva a quello capitalista e rappresentava una retrovia importante per le lotte di liberazione nazionale ed antimperialiste.
Le lotte in Vietnam, Cuba, Angola hanno rappresentato nella seconda metà del secolo XX un esempio vincente della possibilità di sconfiggere l’imperialismo e di costruire società non assoggettate al dominio del capitale internazionale.
Chi come me ha avuto, poi, la fortuna di visitare in quegli anni un Paese socialista non ha potuto fare a meno di notare, fra tante contraddizioni, l’enorme spinta che riceve la “società civile” dall’eliminazione della proprietà privata dei mezzi di produzione.
Per le giovani generazioni queste possibilità sono ai giorni nostri precluse, essendosi modificato il quadro internazionale delle contraddizioni di classe. Pertanto, la convinzione della validità, dell’attualità e giustezza del socialismo e del comunismo sono conquiste da raggiungere sul piano teorico.
I comunisti sanno che il marxismo-leninismo è una scienza, composta essenzialmente da due parti: una di carattere filosofico, il materialismo dialettico, e l’altra di carattere economico-politico, il materialismo storico. Per le sue caratteristiche il marxismo non rappresenta un “sistema chiuso”, un insieme di dogmi da imparare a memoria e da sciorinare al momento opportuno. Esso, invece, è una guida per l’azione politica del proletariato e si arricchisce costantemente dalle esperienze di lotta compiute.
Come ogni sistema scientifico complesso il marxismo-leninismo ha bisogno di un approccio che parta dagli elementi basilari di conoscenza, per arrivare, gradatamente, alla comprensione degli aspetti più complessi della teoria, senza mai smarrire il collegamento con la realtà.
L’attività i formazione deve tener conto di tutto questo, se vuole raggiungere lo scopo di una diffusione ed assimilazione di massa della teoria.
Tuttavia, mentre discutiamo e, se vi riusciamo, mettiamo in atto un’attività di formazione, dobbiamo essere coscienti che con essa possiamo coinvolgere, nel migliore dei casi, qualche migliaio di giovani, mentre la stragrande maggioranza di essi, cioè diversi milioni, sono coinvolti ogni giorno dalla formazione culturale borghese, che si attua nella scuola statale.
L’organizzazione culturale della classe dominante ha nella scuola, negli insegnanti, nei libri di testo scolastici i suoi capisaldi più importanti. E’ impensabile che si possa contrastare efficacemente l’influenza della cultura borghese sulle masse giovanili, ignorando l’influenza che la scuola esercita su di essi.
Come evidenziato da altri compagni nella riunione del 20/7, occorre riconsiderare criticamente l’esperienza condotta in passato dal CIDI di concerto con il Sindacato CGIL-Scuola, la quale esperienza, pur se nata nell’ambito di una strategia riformista e certamente non rivoluzionaria, potrebbe oggi essere efficacemente recuperata nella prospettiva di un lavoro culturale diretto dai comunisti.

Linee di sviluppo del Centro

Il percorso di sviluppo del Centro, a mio avviso,  dovrebbe proporsi come obbiettivo quello di costruire circoli territoriali in un numero tale da coprire ogni regione con almeno una struttura. Si tratterebbe, cioè, di mettere in piedi, “dal basso”, strutture che, in piena autonomia, svolgano quell’attività culturale descritta sopra, raccogliendo sul territorio tutte le forze dichiaratamente comuniste disponibili. L’esempio concreto a cui riferirsi potrebbe essere quello dei compagni del Centro di Documentazione di Torino, che pubblicano il settimanale on-line “resistenze.org”. L’obbiettivo ambizioso è quello di creare quel “circuito” indispensabile a far girare le idee, anche se contrapposte, confrontandole fra loro.
Ritengo questo passaggio essenziale per ridare all’area dei comunisti la speranza di ricomporsi, nella prospettiva della rinascita di una soggettività politica unitaria ed omogenea.
Ma un nuovo soggetto politico, comunista, unito ed omogeneo, è un punto d’arrivo di un processo  che al momento attuale parte dalla frantumazione dell’area dei comunisti, favorita dalla mancanza di dibattito teorico che negli ultimi venticinque anni si è fatta sentire, unitamente alla propensione, tipicamente piccolo-borghese, ad accentuare gli elementi di differenziazione rispetto a quelli di unità.
Cosicché, fino a quando i risultati elettorali sono stati confortanti, in nome dell’unità si sono messe da parte questioni di principio che caratterizzano l’essenza dei comunisti, consentendo ad un manipolo di opportunisti di occupare le poltrone parlamentari disponibili; quando, invece, la macchina elettorale ha cominciato a fare acqua, frantumazione e disgregazione hanno prevalso.
Se il lavoro culturale può fornire un supporto al processo di ricomposizione del Partito Comunista, credo che questo processo abbia bisogno di due elementi apparentemente contrastanti, ma in realtà complementari: un serrato confronto di idee e la tenace volontà di mantenere il più possibile unita un’area oggi divisa e frastagliata.
In quest’ottica potrebbe diventare importante attrezzarsi con una rivista teorica che, ad averne le capacità, potrebbe diventare lo strumento attraverso cui si tiene unità un’area politica ed i circoli territoriali di cui sopra, oltre che diventare l’arena in cui far confluire e confrontare le posizioni politico-ideologiche oggi differenziate.
Ma non voglio qui anticipare un dibattito, oggi forse prematuro, che necessariamente  dovrebbe coinvolgere strutture e realtà più numerose di quelle che sono confluite a Napoli il 20/7 e che, per la mia esperienza in materia, dovrebbe sciogliere tanti nodi, fra cui  individuo i seguenti:
§  bisogni culturali dei potenziali lettori;
§  periodicità e conseguente caratteristica degli articoli;
§  formato (veste grafica) cartaceo/digitale;
§  redazione composta da persone capaci di scrivere cose sensate ed interessanti in tempi prestabiliti.
Qui, in conclusione, mi preme evidenziare un paradosso che, a mio avviso, è indicativo di quanto negli ultimi anni sia stato tenuto in scarso conto l’insegnamento leninista.
Se Lenin, infatti, aveva indicato ai tempi del “Che fare?” che lo sviluppo del partito di tipo nuovo dovesse essere imperniato sul giornale comunista, immaginato come agitatore, propagandista ed organizzatore collettivo, in una realtà politico-sociale, come era quella russa, dove il proletariato era per la gran parte analfabeta; se Gramsci, facendo tesoro di quell’insegnamento, aveva attribuito grande importanza ai vari giornali da lui fondati e diretti (Ordine Nuovo, L’Unità, ecc.) e nel dopoguerra il PCI, forte di quell’esempio, aveva fatto dell’Unità il principale veicolo di ricostruzione e direzione del Partito, in una realtà, come era quella italiana degli anni ’40, ‘50 e ’60, dove le masse operaie e contadine non erano certo acculturate come lo sono oggi; per quale ragione, allora, negli ultimi venticinque anni non si è pensato di fare del giornale comunista il veicolo principale di costruzione del Partito, limitandosi, invece, a produrre solo bollettini interni quotidiani, redatti da “giornalisti professionisti”, del tutto staccati dalla realtà delle strutture territoriali di Partito, mentre tutto il Partito sottovalutava l’importanza del lavoro editoriale, nonostante i cospicui fondi statali destinati all’editoria, e mentre lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa travolgeva gli strumenti tradizionali attraverso cui la borghesia aveva esercitato la sua egemonia di classe ?
BARI, 19 AGOSTO 2013     

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